I cibi ultralavorati (in inglese: ultra-processed foods, o UPF) sono prodotti alimentari e bevande che hanno subito specifici tipi di trasformazione; sono: BEVANDE analcoliche gassate, energetiche; SNACK CONFEZIONATI dolci e salati; PANE e FOCACCE confezionate in serie; BISCOTTI; PASTICCINI; CARAMELLE; TORTE e preparati per torte; MARGARINA, prodotti da spalmare; CEREALI da colazione zuccherati; YOGURT alla frutta e zuccherati; ZUPPE, NOODLE E DESSERT istantanei in polvere e confezionati; PIATTI PRONTI a base di carne, formaggio, pasta; PIZZA; PEPITE E BASTONCINI di pollame e pesce; SALSICCE, HAMBURGER, HOT DOG a base di carne ricostituita.
Gli alimenti ultra trasformati sono la quarta categoria nel sistema di classificazione alimentare NOVA in base alla natura, all'entità e allo scopo della lavorazione industriale degli alimenti. Le altre tre categorie sono: Alimenti non trasformati o minimamente trasformati; Ingredienti industriali trasformati; Alimenti trasformati.
Gli alimenti ultra trasformati includono additivi come conservanti, dolcificanti, esaltatori sensoriali, coloranti, aromi e coadiuvanti tecnologici. Possono essere fortificati con micronutrienti; lo scopo è quello di creare prodotti alimentari pronti o pronti da riscaldare, durevoli, convenienti e appetibili per essere consumati come snack o per sostituire piatti e pasti preparati al momento.
Un maggiore consumo di alimenti ultra-trasformati è associato all'eccesso di peso e questa associazione è più pronunciata tra le donne.
CIBI ULTRA-TRASFORMATI: per definirli, sono quelli che per esigenze industriali e commerciali, hanno subito una serie di trattamenti che comprendono tanti possibili processi: cottura al forno, frittura, idrolisi, idrogenazione, uso di additivi tra cui conservanti, dolcificanti, esaltatori di sapidità, aromi e coloranti ecc..
Nei supermercati delle zone più povere di molte aree urbane, questi cibi rappresentano più della metà dell’introito calorico delle persone, sono “buoni”, sembra che costano poco, ma possono dare dipendenza.
Uno studio che osservava lo sviluppo di malattie cardiovascolari (su 105.000 francesi per 10 anni) si è notato che parallelamente ad un aumento del 10% di consumo di questi alimenti c’era una aumento di oltre il 10% di queste malattie, mentre un maggiore consumo di cibi freschi e naturali aveva un effetto contrario.
Si stima che più di 7.000 specie vegetali contribuiscano all’alimentazione del genere umano, ma meno di 200 specie hanno un utilizzo nella produzione di cibo lavorato; nel 2014 circa 9 colture rappresentavano il 66% della produzione agricola mondiale. Circa il 90% dell’apporto calorico della civiltà umana arriva da sole 15 piante e circa 4 miliardi di persone dipendono solo da 3: riso, grano e mais. Si tratta di una situazione precaria di salute biologica, la diffusione del cibo lavorato nel mondo è in aumento.
L’omogeneizzazione della dieta globale sta danneggiando gli ecosistemi che supportano una produzione alimentare diversificata e sostenibile, la nostra voglia di cibo lavorato sta compromettendo la salute dell’intero sistema agricolo, riducendo la diversità alimentare globale ed esponendoci a rischi concreti per il futuro aumentando la nostra dipendenza da poche colture ad alto rendimento.
La perdita di biodiversità causata dagli alimenti ultra lavorati sarebbe infatti un rischio che può coinvolgere tutti i paesi in modo trasversale.
Un piatto di pasta fatto in casa ha subito un processo, gli umani processano il cibo: cotto, affumicato e fermentato da migliaia di anni, ma i cibi ultraporcessati, dalla pizza alle lasagne industriali, sono stati studiati scientificamente per essere economici e per farne consumare sempre di più; la pizza e le lasagne fatte in casa non sono concepite per aver voglia di mangiarne a oltranza, lo scopo degli alimenti ultraprocessati è quello di far guadagnare costantemente più soldi alle multinazionali del cibo.
I beveroni proteici, stando agli elementi contenuti, può essere completo dal punto di vista nutrizionale, il danno di questi beveroni, oltre all’ultra processo che lo ha prodotto, è che li bevi da solo davanti al computer. Quindi non basta avere i giusti nutrienti; è fondamentale la loro origine e la loro genuinità.
Certo è che il cibo ultraprocessato fa male, non lo zucchero, il burro, etc. presi singolarmente. Ogni cultura ha il suo stile alimentare, dannosa è qualsiasi dieta se la base è di cibo ultraprocessato. Gli alimenti ultraprocessati sono saporiti e piacevoli al palato, veloci da preparare e si conservano a lungo; sono molti gli aspetti positivi, sono confezionati e pronti per essere riscaldati o consumati direttamente, frutto di ripetute lavorazioni industriali.
“Una dieta non equilibrata è un importante fattore di rischio per il cancro del colon-retto” spiegano gli autori dell’articolo, che hanno coinvolto nella loro ricerca poco meno di 300.000 persone negli Stati Uniti, arruolate in tre diversi strati di popolazione e seguite per circa 20 anni.
Riconoscere tali alimenti non è sempre facile, ma leggere l’etichetta riportata sulla confezione può essere di grande aiuto: se un cibo non è stato processato, l’unico ingrediente è l’alimento stesso (carota o mela); se invece la lista degli ingredienti si allunga, aumenta la probabilità che tale alimento sia stato lavorato o ultralavorato. Inoltre, nei processi di lavorazione o riscaldamento si possono generare sostanze cancerogene, come nitrosamine o acrilamide.
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