SIAMO QUELLO CHE MANGIAMO!
La nuova filosofia dice: «Io sono un essenza reale, sensibile; il corpo nella sua totalità è il mio io, la mia essenza stessa». La fame e la sete abbattono non solo il vigore fisico ma anche quello spirituale e morale dell’uomo, lo privano della sua umanità, della sua intelligenza e della conoscenza; per migliorare le condizioni spirituali di un popolo, bisogna migliorarne le condizioni materiali; esiste un'unità inscindibile fra psiche e corpo, quindi per pensare meglio è neccessario alimentarci meglio. La massima del filosofo Feuerbach, l'uomo è ciò che mangia, dobbiamo considerare che tutto ciò che l'essere umano ingurgita, cibo e liquidi, è importante, essendo il carburante che consente lo sviluppo e la propulsione di quella che è la macchina del corpo non disgiunta, da quella che è la mente. Significa che il cosa si mangia fa l'uomo ricco o povero, forte o debole, intelligente o carenziato, ben nutrito e quindi in salute oppure malnutrito e soggetto a malattie, ecc., ma anche come mangia; da solo, in compagnia, con foga o parsimonia, di fretta o con il gusto della lentezza, nel rispetto o no dell'ambiente e dei viventi, ecc. Il cosa mangiare dipende dalla densità demografica, dalla disponibilità di cibo, o di certi cibi, dipende anche dalle tradizioni culturali e dall'osservanza di precetti religiosi o da particolari tabù. Un'alimentazione vegetariana, può dipendere da fattori culturali e religiosi (buddhismo, brahmanesimo, ecc.), oppure da una libera scelta; anche la dieta carnea degli Americani, appassionati di barbecue e fast-food, dipende da fattori culturali antichi, retaggio di una tradizione in cui i bovini erano "il salario", l'unità di scambio e dunque simbolo di ricchezza e potere in un continente vasto dove c'erano pascoli in abbondanza; fattori economici più recenti, fecero del maiale e del pollo animali più remunerativi da allevare. Siamo in quanto mangiamo, se non ci nutrissimo non saremmo; quel che siamo nel corpo e nella mente, nelle cellule, nello spirito e nel vivere sociale, lo dobbiamo anche a ciò che scegliamo per nutrirci e a come scegliamo di nutrirci. Necessita un cambio di rotta nella cultura dell'alimentazione; i paradossi di cui gran parte della popolazione è vittima, sono che attualmente, si verificano 36 milioni di decessi annui per carenza di nutrizione e, nel contempo, 29 milioni di decessi per eccesso di cibo, per cui un miliardo di persone stanno per morire di fame mentre altrettanti hanno eccedenza di prodotti, tanto che 1/3 di questi finiscono nella spazzatura. Porre maggiore attenzione alla qualità dei cibi "mangiare meno, mangiare meglio" dovrebbe indurci a ritrovare il giusto rispetto nei confronti del contadino o coltivatore. In uno scenario collettivo si può osservare che "il mangiare" è diventato un problema; nell'opulento mondo occidentale si compera ciò che conviene economicamente a discapito della qualità, non si dà valore al cibo quanto se ne dà agli oggetti propagandati dalla società consumistica, dei quali non abbiamo necessità, non si considera, che un piatto di pasta asciutta, alimento-base, costa meno di un caffè al bar. Gli eventi principali della vita di un essere umano sono cinque: nascere, mangiare, dormire, amare, morire. Mangiare e amare, sono quelli che più ci avvicinano gli uni agli altri e che più si avvicinano tra loro. Il cibo, oggetto di scambio per eccellenza fin dal principio, non solo tra il neonato e sua madre, rappresenta un veicolo di interazione privilegiato per tutto l'arco della vita, continua ad essere quel denominatore comune vitale che consente la relazione, la conoscenza, la vicinanza e la fiducia nei legami sociali. Mangiare è sostantivo e verbo. "Questo mangiare fa schifo", "non mi va più di mangiare", "troppo mangiare ingrassa", "ti mangerei di baci", sono espressioni comuni nelle quali utilizziamo la parola "mangiare" in entrambi le forme e nelle sue diverse accezioni di nutrimento concreto e simbolico, quale "carburante" per le funzioni corporee ed elemento affettivo per le funzioni psichiche. abbiamo bisogno di incorporare cibo buono da mangiare e buono da pensare, abbiamo cioè bisogno di un cibo che sia buono al palato, buono nutrizionalmente e buono dal punto di vista etico, buono per la mente, cioè corrispondente al bene per noi stessi e per i nostri simili. Poichè siamo animali sociali, il bene è anche bene sociale; potremmo allora dire che se l'uomo è ciò che mangia, e mangia bene, l'uomo sta bene con se stesso e con gli altri, riconosce la gioia, ed essendo portato per sua natura a condividerla, gli sarà più facile essere buono; se riuscirà ad essere buono, non avido, non sfrenatamente individualista, bello nel corpo perchè una sana alimentazione consente questo, finirà anche col sentirsi bravo, ovvero accettato e premiato socialmente. Se vogliamo che la Natura, la nostra Madre Terra, continui a darci da mangiare, dobbiamo averne cura come fosse il nostro corpo. L’uomo nel suo intero essere è il prodotto di quello che mangia, nelle capacità di pensare e sentire, nella sua creatività, negli impulsi sociali; queste qualità sono il risultato dai pasti giornalieri; sono conseguenza di sostanze fisiche, minerali, grassi, proteine, carboidrati, microelementi, sostanze vegetali secondarie, vitamine ecc. la giusta scelta e composizione degli alimenti decide se l’uomo ha una posizione positiva o negativa nella vita e l’alimentazione è responsabile per il suo intero sviluppo.
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