Evoluzione dei sistemi di produzione agroalimentare nel corso dell’ultimo secolo, ovvero come il cibo industriale ha soppiantato quello artigianale e locale.
Negli ultimi 100 anni abbiamo assistito ad una evoluzione e contemporaneamente a un declino alimentare, in quanto il sistema ha puntato tutto su quantità e prezzo, cioè produrre il massimo possibile al prezzo più basso possibile, ignorando gli effetti disastrosi che questo avrebbe potuto causare sulla qualità e il profilo nutrizionale degli alimenti.
Prendiamo ad esempio quattro alimenti che mangiamo quasi tutti i giorni: la carne di pollo, il pomodoro, la pasta, la pizza.
Cibo industriale - artigianale: IL POLLO
Nel 2010, varie riviste scientifiche presentano una analisi del pollo dal punto di vista nutrizionale e storico. Dalla fine ‘800 ad oggi si registra un aumento nel contenuto di grasso, tra il 2 e il 4% alla fine dell’800, aumentato fino al 23% oggi; il contenuto di proteine cala, era sopra il 20% ora siamo al di sotto; il contenuto energetico è passato dalle 110-120 Kcal per 100g dei polli di fine ‘800 alle 270 Kcal del pollo oggi.
Analizzando il profilo di grassi omega-6 e omega-3, vediamo che il grasso omega-6 è aumentato anche rispetto ai polli degli anni 70, erano un 14% circa, oggi 20-28%; il contenuto dei grassi omega-3, grassi buoni antinfiammatori, è diminuito oltre un decimo rispetto a quello degli anni 70.
Agli inizi del secolo scorso un pollo impiegava in media 16 settimane per raggiungere il peso di 1 chilo e mezzo, oggi impiega un terzo del tempo e viene macellato quando non ha ancora raggiunto nemmeno la pubertà; in allevamento intensivo può essere pronto in circa 6 settimane; una gallina deponeva circa 90 uova l’anno negli anni ’30, oggi ne produce almeno 250.
Se confrontassimo un pomodoro degli anni ’70 e uno di oggi, non noteremmo grosse differenze, oltre al fatto che quello di oggi è un po’ più grosso e forse un po’ più bello a vedersi, ma se potessimo assaggiarli entrambi, ci accorgeremmo che quello di oggi ha un sapore molto più “diluito”, questo non ha solo a che vedere con la bontà, ma riflette un gravissimo problema nutrizionale; il pomodoro che non sa di nulla è un cibo industriale impoverito di vitamine, minerali e altri fitocomposti che sono appunto gli elementi che conferiscono al pomodoro, fra le altre cose, il suo sapore; il pomodoro di oggi è meno buono, ma anche con meno vitamina C e di licopene di cent’anni fa, oggi bisogna consumarne forse due o tre per avere le quantità di allora.
Quando la pianta è troppo “coccolata”, protetta da sbalzi climatici, insetti ecc. come nelle produzioni in serra, non ha più bisogno di produrre quei fitocomposti come i polifenoli, il licopene ecc. che sono difese per la pianta e anche per noi: ci aiutano infatti nella prevenzione delle malattie.
DECLINO NUTRITIVO DEI CIBI, anche in questo caso soprattutto a danno dei Paesi poveri o in via di sviluppo; è un aspetto particolarmente interessante, il cui studio agli albori. L’Onu stima un calo generalizzato di: Proteine -5,9 a -12,7%; Zinco: -3,7 a -6,5%; Ferro: -5,2 a -7,5%; in questo contesto, risulta meno tollerabile lo spreco alimentare, che ammonta a circa un terzo della produzione complessiva, contribuendo al rilascio di gas serra per circa il 10% del totale delle emissioni.
CIBO INDUSTRIALE - CIBO ARTIGIANALE - LA PASTA
Anche per la pasta possiamo registrare differenze significative tra un prodotto industriale e uno artigianale. La pasta secca, al contrario della pasta fresca e del cereale in chicco, deve essere essiccata prima di diventare commestibile; nel processo industriale dell’essiccazione la pasta perde acqua e si concentra nella sua densità nutrizionale.
La furosina (ε-furoilmetil-lisina) è una sostanza tossica che deriva dalla unione tra una molecola di glucosio e un gruppo amminico delle proteine contenute nelle farine. Si forma nella fase terminale della lavorazione della pasta secca, quando la percentuale di acqua scende fino al 12%.
L’essiccazione ad alte temperature e bassi valori di umidità del prodotto è la causa principale di formazione di furosina che “è aggressiva sui villi intestinali, viene assorbita nell’intestino tenue, entra nel sangue, non può essere bloccata, si diffonde nel tessuto connettivo presente in ogni organo per connettere le cellule tra loro. Destruttura il collagene e il tessuto connettivo compromettendo la nutrizione e la ossigenazione delle cellule. Può essere eliminata solo attraverso il rene, è una molecola inquinante”.
La furosina andrebbe limitata, assumedo con moderazione i cibi che la contengono, i suoi valori oscillano da 100 a 200 mg/100g di proteine quando le temperature di essiccazione sono inferiori agli 85°C; la pasta con valori di furosina inferiori a 200mg viene considerata un prodotto con un buon indice di qualità nutrizionale, perché la quantità degli aminoacidi essenziali, come la lisina, restano elevate. Molti produttori di pasta sono aziende piccole, Artigianali che offrono un prodotto di qualità, di pasta fresca all’uovo o di semola togliendici il pensiero della furosina.
La pasta industriale e la pasta artigianale sono cugine, più che sorelle. “Sono denominati pasta di semola/semolato di grano duro i prodotti ottenuti dalla trafilazione, laminazione ed essiccamento di impasti preparati rispettivamente ed esclusivamente: con semola o semolato di grano duro ed acqua”. Così la legge italiana definisce la pasta. In Italia, esistono oltre 300 tipi di pasta, che si distinguono per la tipologia dell’impasto, per il formato e per l’eventuale ripieno.
I produttori artigianali sono più attenti alle tradizioni locali e alla qualità e varietà del grano; la differenza più marcata tra prodotto industriale e artigianale riguarda il tipo e il tempo di essiccazione, nell'artigianale è più lenta ed a temperature più basse di quella industriale.
I lunghi tempi e le basse temperature, contribuiscono ai naturali processi di fermentazione che aggiungono gusto e sapore al prodotto finale, preservando tutte le caratteristiche nutrizionali. Il trattamento di pastorizzazione spesso utilizzato dall’industria comporta una perdita dei valori nutrizionali e una diminuzione significativa della lisina, uno dei 10 amminoacidi essenziali da includere nella nostra dieta. Salute e gusto se ne dispiacciono.
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