BAGNA CÀUDA
è una preparazione a base di aglio e acciughe dissalate e deliscate, cotta a fuoco lento in olio d'oliva, riducendo il tutto a salsa; s'intingono tradizionalmente coste di cardo, ma è uso anche l'impiego di fette di topinambur, di peperoni grigliati, d'insalata belga e di foglie di cavolo; è un piatto tipico del periodo della vendemmia, si consuma prevalentemente in autunno e in inverno, una delle "leggende" sulla sua nascita vuole che venisse preparato per ricompensare i vendemmiatori; più che un piatto, è un rito conviviale che prevede la condivisione del cibo, che attingono tutti da un unico recipiente.
La bagna càuda tradizionale veniva portata in tavola nel dian, tegame di cottura in terracotta e mantenuto in temperatura mediante uno scaldino di coccio riempito di braci vive, la s-cionfetta; la scomodità di usare un unico recipiente e il fatto poco igienico di intingere nel recipiente pezzi di verdura già morsicati, hanno portato all’uso di contenitori individuali (fojòt) ciotola con sotto un fornellino ad alcol o un lumino di cera, per mantenere calda la salsa; va accompagnata da vini rossi corposi quali, Barbera, Nebbiolo, Barbaresco o Dolcetto.
La ricetta è tipica del Basso Piemonte, in quanto nei secoli passati in quella zona era assai facile procurarsi l'acciuga salata, l'ingrediente fondamentale, usata tuttora in molte ricette tipiche piemontesi, soprattutto tra gli antipasti, ad esempio le anciove al bagnèt verd o al bagnèt ross.
L'antico Piemonte si approvvigionava di sale presso le saline della Provenza e delle foci del Rodano, attraverso una serie di rotte commerciali attraversanti i passi delle Alpi Marittime e note come "vie del sale"; all'epoca Nizza e dintorni erano territorio sabaudo. La leggenda vuole che il commercio delle acciughe salate fosse un modo per commerciare il sale, evitando così di pagarne gli elevati dazi. In Piemonte d'antico regime la gabella del sale era obbligatoria e non legata al consumo, le acciughe sotto sale erano molto costose, si acquistavano dal "acciugaio" (ancióaire in piemontese), commerciante ambulante che con il tipico carro trainato da cavalli o buoi portava le acciughe in barili e botticelle di legno.
La bagna càuda era rifiutata dalle classi più abbienti che la consideravano un cibo rozzo e non adatto per una raffinata alimentazione, particolarmete per la presenza dell'aglio e dei suoi effetti sull'alito; per questo motivo le notizie scritte su questo piatto sono piuttosto rare nei testi gastronomici piemontesi; la versione attuale della bagna càuda la si deve a Roberto Sacchetti e risale al 1875.
Molti sostengono che la vera ricetta della bagna càuda dovrebbe contemplare l'utilizzo dell'olio di noci e non dell'olio di oliva, questo perché le coltivazioni di ulivo sono liguri e non piemontesi; in realtà nel Piemonte meridionale, fino al XVIII secolo, esisteva una produzione di olio d'oliva ampiamente documentata nel comune di Olivola nell'alessandrino o San Marzano Oliveto in Astesana, comunque integrata dal commercio con Nizza e con la Riviera di Ponente della Liguria, aree sottoposte al dominio sabaudo e tradizionalmente fornitrici di tali ingredienti fin dai tempi dell'Impero Romano;
pertanto è ragionevole assumere come pertinente l'uso dell'olio di oliva nella bagna càuda.
Esiste una "ricetta canonica", depositata presso un notaio a Costigliole d'Asti nel 2005 dalla delegazione di Asti dell'Accademia italiana della cucina, che prevede l'utilizzo esclusivamente di una testa d'aglio a persona, mezzo bicchiere d'olio d'oliva extravergine a persona, 50 g a persona di acciughe rosse di Spagna e un eventuale pezzetto di burro da aggiungere a fine cottura.
Nell'alimentazione contadina del Piemonte la bagna càuda era spesso abbinata alla polenta fritta o arrostita, usata altrettanto frequentemente per insaporire insalate di verdure crude o cotte o per condire alcuni tipi di pasta asciutta nei giorni di regime quaresimale; altro possibile abbinamento è quello con le uova che vengono fritte, dopo eventualmente averle strapazzate, nell'olio residuo in fondo al fojòt verso la fine del pasto.
Durante l'antichità, il piatto veniva preparato usando l'olio di noci, per rievocare la fragranza di questa variante caduta in disuso, si può schiacciare nella bagna qualche gheriglio di noce senza la pellicina.
La bagna càuda è molto popolare anche col nome di bañacauda in Argentina, dove giunse negli ultimi anni del XIX secolo con i molti piemontesi emigrati in Sud America. Nella località di Calchin Oeste, in provincia di Córdoba, si svolge la Fiesta Nacional de la Bagna Cauda; a Humberto Primo, in provincia di Santa Fe, se ne celebra ogni anno la Fiesta provincial. Presentata a Tokyo a metà degli anni novanta da un gastronomo braidese nel corso di trasmissioni televisive locali, la bagna càuda è diventata popolarissima in tutto il Giappone.
Dal 2013 si svolge con cadenza annuale il Bagna Cauda Day, festa promossa dalla rivista Astigiani che dura un fine settimana autunnale durante il quale si degusta la bagna càuda in cantine, osterie e vinerie, ad Asti, nelle Langhe, nel Roero, nel Monferrato e in altre zone, non solo piemontesi.


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